L’Italia si posiziona al 6° posto della classifica dei paesi Europei relativamente alla pressione fiscale sostenuta dai cittadini.
Secondo i dati Eurostat aggiornati al 2019, con il 42,6 per cento di drenaggio fiscale, l’Italia non è fortunatamente al primo posto rispetto ai 27 paesi europei presi in considerazione, ma purtroppo ben distante dall’Irlanda che vanta un’invidiabile percentuale del 22,7 per cento.
Nella giungla delle varie tasse presenti sul nostro territorio, le principali e più redditizie per lo Stato sono quelle oggetto del nostro studio che andremo ad analizzare brevemente, mettendo in luce le differenze principali che le caratterizzano.
La prima di cui vogliamo parlare è l’IRPEF, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, che viene pagata trasversalmente ed obbligatoriamente da oltre quaranta milioni di italiani che producono reddito e costituisce un terzo di tutto il gettito fiscale italiano. Questa tassa è stata istituita nel 1973 ed è finalizzata a finanziare il mantenimento ed il miglioramento di tutte le opere statali. L’IRPEF è un imposta progressiva, quindi non ha un’aliquota fissa, ma suddivisa in cinque fasce di reddito con le relative aliquote di pertinenza.
L’IRES, nata nel 2008, è l’Imposta sul Reddito delle Società ed è il contributo principale sostenuto dalla società di capitali. Viene calcolato su un’aliquota sempre fissa del 24% ed applicato indistintamente a tutti coloro non soggetti al pagamento dell’IRPEF. Esso si accolla a tutti i soggetti giuridici fiscalmente residenti sul territorio italiano.
L’IRAP è l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive che viene sostenuta da tutti coloro che svolgono un’attività produttiva abituale. Questa imposizione fiscale viene ben dettagliata nel Decreto Legislativo n° 446/1997 e colpisce direttamente ed in modo indiscriminato il valore della produzione. E’ un dazio che, soprattutto in questo periodo post-pandemico, dopo mesi di blocco della produzione con elevati sacrifici economici dovuti alle lunghe ed estenuanti chiusure forzate sta creando maggiori difficoltà alle imprese italiane.
Per questo motivo, con l’avvento del nuovo esecutivo diretto da Mario Draghi si sta valutando concretamente la possibilità di eliminarla definitivamente a vantaggio di una più rapida e redditizia ripresa economica.
Dopo questa breve, ma dovuta premessa, andiamo a comprendere in modo più chiaro e dettagliato le differenze tra questi tre tributi.
IRPEF ed IRES parlano sostanzialmente la stessa lingua, ma si posizionano agli antipodi relativamente ai soggetti a cui è rivolta in quanto, come già enunciato in precedenza, la prima è dedicata esclusivamente alle persone fisiche che producono un reddito sul territorio italiano. La seconda, al contrario, si rivolge a tutti i soggetti giuridici, fiscalmente residenti in Italia e va a colpire i redditi delle Società. Questa ritenuta colpisce anche gli enti pubblici, compresi i consorzi, i trust, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e le organizzazioni NO PROFIT che però, a loro volta, vengono esentate dal pagamento dell’imposta di bollo sui conti correnti. In fine, la principale e più importante differenza è la discrepanza di aliquota: variabile su IRPEF e fissa su IRES.
Quanto sopra descritto quindi ci porta ad inserire tra le tasse dovute dai soggetti giuridici anche l’IRAP che non coinvolge assolutamente i soggetti fisici, ma esclusivamente quelli giuridici e, diversamente dall’IRES, va a gravare soltanto su i guadagni netti delle imprese.
A differenza delle altre due sopra citate, ques’ultima viene versata su base regionale e si riferisce ai redditi percepiti nell’anno precedente rispetto al periodo in cui avviene il saldo ed è votata sostanzialmente al sostentamento della sanità pubblica.
In fine è bene specificare che l’IRAP, seppur dovuto da tutti i soggetti giuridici, non si applica a quei professionisti che svolgono in completa autonomia la propria attività, senza appoggiarsi ad eventuali collaboratori dipendenti ed organizzando in modo totalmente autonomo il proprio lavoro.